LE SPECIALITÀ DI FINE ANNO – CAPODANNO
AVVOLGIAMO il maialino, massimo 5 chili di peso, nelle foglie di mirto e di alloro, facciamo tuia buca in terra, mettiamo il maialino dentro, accendiamo le braci sopra e poi ricopriamo ancora con terra: la cottura deve avvenire lentamente, richiede almeno 8 ore. Il porceddu non prende aria, cosi tutto il gusto e gli aromi delle piante, soprattutto il mirto, vengono assorbiti dalla carne”.
Roberto Petza, 33 anni, è lo chef del S’Apposentu al Teatro Lirico di Cagliari, “ristorante d’eccezione” lo definisce Duemila vini 2006 dell’Ais, l’associazione dei sommelier, e Roberto è tra gli emergenti delle guide Vin i d’Italia del Gambero Rosso e I vini d’Italia dell’Espresso.
Racconta uno dei piatti cardine del suo cenone di fine d’anno, una prelibatezza d’oggi che ci riporta indietro, ai tempi in cui i banditi cucinavano cosi, sottoterra, i maialini che rubavano, in modo da non mandare segnali né di fumo né di fuoco. Un bianco Nuragus, o ancor meglio un rosso Monica o un Cannonau, sono i vini di territorio consigliati per l’abbinamento.
Con la Bianchetta del Tigullio e 0 Mosaico, blend di barbera e Dolcetto, si entra in Liguria: alla Antica trattoria del Mosto, a Ne, in provincia di Genova, segnalata dalla guida dell’Espresso, al centro del cenone c’è la gallina lessa ripiena di uova, formaggio, bietole e altre verdure di stagione, accompagnata con salsa verde.
“Nella nostra terra c’è poco spazio per l’allevamento, chi aveva una mucca se la teneva cara e comprare la carne costava; allora le feste si sono sempre fatte con gli animali da cortile, la gallina, appunto, o il coniglio. C’è anche una filastrocca che tramanda questa tradizione”, racconta Franco Solari con la moglie Catia, in cucina, proprietario del locale.
Più su, sulle cime delle montagne della Val d’Aosta, c’è la bistecca alla Valdostana per dire addio al vecchio anno: “Una bella fetta larga di carne bianca, tenera, deve essere come burro, si farcisce con fontina, prodotto tipico delle nostre valli, e prosciutto crudo, si piega a portafoglio e si impana e poi si cuoce nell’olio extra vergine di oliva molto caldo, poco meno di 5 minuti, è il piatto forte delle feste”, racconta Ephrem Turcher, chef de La Grolla di Val Veny-Peindeint, vicino Courmayeur, segnalata tra le Osterie d’Italia di Slow Food, locanda tutta in legno accanto agli impianti di sci.
In un’altra valle, vicino a Gressoney, l’arrosto di vitello con salsa di mirtilli saluta il nuovo anno alla Capanna Carla, in località Tscaval, altra osteria recensita da Slow Food.
In questo antico stadel del 1600, sull’antica stufa a legna si preparano anche i “martin sec“, le pere invernali, piccole e dure, che vengono prima bollite e poi passate al forno, infine impastate con il gorgonzola, per l’antipasto, o con la panna per dolce.
Coniglio al barolo è il piatto che ritorna al Ristorante Brezza di Barolo, all’interno del caratteristico albergo situato nel cuore dei cru di questa cantina piccola ma che ha avuto grandi riconoscimenti. Ma l’apertura è con la carne cruda battuta al coltello, un piatto antico delle Langhe, per un lungo periodo dimenticato perché considerato troppo povero e invece oggi riscoperto, come la bagna cauda con flan di cardi.
Sempre in montagna, ma sul versante nord-est, è la sella di capriolo il piatto dell’ultimo dell’anno, celebrato allo Seiterhof di Dobbiaco, in Alto Adige, mentre al Kofler am Kofl, è la zuppa di canederli, le polpette di pane impastate con carne, oppure formaggi o verdure o speck, tipiche di qui.
I canederli su letto di formaggi di malga ritornano anche nel menu dell’osteria Le due spade, considerato il miglior ristorante di Trento; ai fornelli c’è Federico Parolari, una stella Michelin, che per l’ultimo dell’anno prepara il fagiano lardellato al vino nuovo con le castagne in abbinamento con il Teroldego, vitigno autoctono.
Capretto a pezzi al forno con il Garganega, vino tipico di Gambellara, è la ricetta forte de La Marescialla, a Montebello Vicentino, sulla via del Recioto, vino tipico veneto.
Mentre il Natale ha i suoi punti fermi, per il cenone dell’ultimo dell’anno non c’è un piatto unico. A parte il cotechino con le lenticchie, che però è al centro della cena solo in alcune zone.
A Modena, per esempio. Massimo Bottura, due stelle Michelin appena conquistate, nella sua Osteria Francescana, prepara il cotechino in galera con lo zabaione e sauté di lenticchie, cotto a vapore, un piatto, ricorda Massimo, citato da Pellegrino Artusi nel suo La Scienza in Cucina e l’arte del mangiar bene, del 1891.
A Bevagna, all’Enoteca di Piazza Onofri, proposto con lenticchie di Castelluccio.
Per il resto d’Italia chef e famiglie si sbizzarriscono scegliendo dal ricco patrimonio di materie prime della nostra terra: l’ ultimo dell’anno, col suo tripudio di ricette è la festa che forse lo esalta meglio. Cenone, si
dice ancora.
Ma sono molti i ristoranti che ora mantengono il menu libero alla carta, con i piatti di stagione. È l’ultima tendenza: “Le nuove generazioni preferiscono una cena, buona, ma leggera, al massimo due portate, a casa o al ristorante, per poi poter continuare la festa nei locali fino a tarda notte”, racconta il massmediologo Klaus Davi.
E spiega: “È una questione di soldi, che non bastano per tutto, ma anche di mentalità che cambia”. E allora ecco al Don Matteo di Matera – ristorantino ricavato in una grotta paleolitica con vista sul Sasso di Matera, segnalato dalle guide – il menu degustazione, che fa perno sulle polpette di melanzana di Rotonda, su letto di bolognese di capretto, e maialino da latte cotto con il moscato e chicchi di malvasia passita della zona.
Il tortello di baccalà con crema di porri e polenta arrosto con tartufo bianco di san Pietro Avellana è un
primo piatto di tradizione di Niko Romito, chef emergente 2006, ai fornelli del Reale di Rivisondoli. Sempre i n Abruzzo, a Villa Maiella, a Guardiagrele, provincia di Chieti, il capodanno si festeggia con il pesce: a 600 metri di altezza ma a due passi dal mare, il guazzetto di pesce al coccio in crosta di sfoglia è la rivisitazione moderna della zuppa di pesce dell’Adriatico.
Il baccalà con foglie di germogli di senape porta in Sicilia, alla Fattoria delle Torri, a Modica, altra trattoria segnalata dalle guide, dove Beppe Barone, propone un piatto arrivato qui dal Messico ai tempi della dominazione spagnola, il pastizzu, pastìccio di broccoli viola, olive nere e salsicce di maiale nero.
Al Nangalarruni, il tre Gamberi di Castelbuono, Palermo, il filetto di maialino in crosta di sesamo e zafferano, è uno dei piatti di Giuseppe Carollo per esaltare la materia prima locale.
Si brinda al nuovo anno anche con la castagna del prete, unica al mondo che viene celebrata all’Osteria del Gallo, in Irpinia, cucinata insieme al cinghiale: è una castagna essiccata sui gradai che viene poi cotta al forno e infine bagnata per 3-4 giorni prima di mangiarla. •